sabato 21 maggio 2016

Black Merda (1970)

Inizia con questo post la recensione di dischi, che l'esimio collega Sederico Fallini rimanda ormai da troppo tempo. In effetti c'è stata una puntatina in altri lidi, ma niente di serio.

Allora recensisco oggi il bel disco omonimo d'esordio dei Black Merda, che, in quanto merda, non poteva essere di altra etichetta se non la Chess Records (ue uaglio' vir ch si fatt).

È il debutto di questa band di Detroit Miccigan, che non è famosa solo per le Pontiac larghe come la fessadimammeta, per le vacche di chi scappa dalla città come Billy Christal, per un famoso supereroe robotico calottato che si occupa di big data, ma anche perché luogo di residenza delle esigue speranze di chi vorrebbe scopare e che si appresta a fare un viaggio overseas per acchittare questa cosa, in totale sprezzo del pericolo, col suo modello di pornostar devota che esiste solo in testa a lui (come il brano conclusivo di un famoso LP di Battisti...). In quello stesso brano era citata la Dunaway, che speriamo non sia l'ultima creazione della FCA (che Dio la benedca).

A proposito di fca. Di solito la musica negra ha a che fare con la fica, specialmente quella un po' funky degli anni '70. Non so se avete presente quei film degli anni '70 un po' a luce rossa dove si vedono quei cazzoni pelosi con la capigliatura tipo Cuadrado che si srotolano tipo lingua di menelik emettendo anche il caratteristico suono tipo trombetta, e le fiche ancora più pelose che certe volte fanno la robiola Osella. Fammi vedere la tua osella! La particolarità di questo disco, invece, che si inserisce appieno nell'alveo culturale sopracitato, è che è proprio ficarepellente. A parte episodi così felici (come "Over and over") che ti aspetti che ti esca Rodolfo dalla patta dei pantaloni che ti inizi a rassicurare, coi suoi baffoni alla Roberto da Crema, che il disco te lo devi accattare. E poi te lo mette in mano (il disco) e ti prende le mani dalle sue (non so se avete capito vi rimando alla Fig. 1).

Fig. 1: ecco, su per giù così. "Senti a me, questo tu non ti devi fare domande, te lo devi prendere e portare via, e poi ti ricorderai di Rodolfo".

Ma poi dico io, un assolo lungo impietoso, ripetitivo e scazzatissimo, che mi fa proprio pensare a un lungo cazzo negro che non si alza nemmeno se ci mette mano Sasha Grey. Va beh che all'epoca c'erano slowhand Clapton e Jimi Hendrix, però il chitarrista dei Black Perroni (che si chiama Anthony Hopkins, e tutti si aspetterebbero un gentleman del Sussex, e invece è un negrone coi dreadlocks ai peli del culo) rompe troppo i coglioni.

Da segnalare anche altri momenti di disagio estremo, tipo la opening track "Prophet", che a confronto la mitica Battle-Cock (Sederico sa di cosa parlo) è celestiale.

"Ashamed", ad esempio, è quel brano che ce lo saremmo aspettato da Jimi Hendrix se solo ai giorni nostri fosse un poco meno morto, magari pensionato. E infatti, proprio per evitare di ascoltare tale capolavoro, il Maestro morì qualche mese prima della pubblicazione dell'album.

Insomma questa black merda non so dirvi bene come si colloca nella scala di Bristol (direi tipo tra il 6 e il 7). E niente per festeggiare oggi questa recensione mi sono anche cacato sotto.

Apprendiamo che il batterista dei Black Merda ha avuto il buon gusto di morire nel 2004 (cancro?) prima della inutile reunion dell'anno seguente. Comunque quando prendiamo la macchina del tempo e andiamo a Codigoro armati di catene, ricordiamoci di lasciarci abbastanza carburante per andare in Michigan sul finire degli anni '70, per fare due chiacchiere con questi grandi figli Detroit.

lunedì 2 maggio 2016

Tootsie (1982)

Un film profetico che anticipa i fatti del genocidio Rwandese. Dustin Hoffman interpreta uno con la nasca che vive con Jeff Slater (Bill Murray), teneronissimo (ma un po' marginale stavolta) newyorchese d'ordinanza. Sandy è amica di quello con la nasca e scopano una volta, per sbaglio, ma lui successivamente si nega perché ha trovato lavoro come Tutsi e non vuole che si sappia che è Tutsi. Tutsi arriva sulla scena palpando la generale incompetenza dell'ambientino che si è trovato, e salire agli onori della cronaca diventa per lei un gioco da ragazzi. C'è addirittura una scena dove diventa un robot americano che marcia davanti alle strisce fa il segno dell'attenti, guardandoci sorridendo. Julie (Jessica Lange) è una attricetta che ha una avventuretta col capo di Tutsi; Julie convince tutsi a andare in campagna, in provincia di Ferrara, da quel paesano del padre di Julie che, essendo pansessuale, alberga pensieri luridi nei confronti di tutsi. L'agguato non riesce e tornano sul teatro principale di guerra, ma il rapporto si è incrinato. Davanti alla possibilità di proseguire l'attività tutsi per un altro anno, quello con la nasca preferisce rinnegare la sua tutsità sorprendendo tutti gli altri.

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