sabato 22 novembre 2014

Caterina va in città (2002)

Sono due settimane che è stato un crescendo, anzi un discendendo, nelle profondità del genere horror. Ho incominciato cacandomi sotto giocando a Doom, per poi guardare Army of Darkness e culminare -- almeno così credevo fino a ieri -- con Evil Dead. Ma questi tre lavori, le cui lodi non è arduo trovare su articoli sparsi in rete, sono nulla in confronto a questo capolavoro del terrore.

In un altro articolo mi sono già riferito
[a]lla dimenticabilissima temperie culturale del g8 di carlo giuliani.
Questo film è stato girato in quel periodo, dove Berlusconi Bush Aznar e Blair venivano dipinti come i quattro cavalieri dell'apocalisse: erano loro, gli attuatori delle trame oscure dei massoni, loro che calpestano i diritti di coloro che calpesterebbero chi la pensi diversamente da loro. Insomma cambiano nomi e attori ma la fogna è sempre la stessa.

Lasciatemi ricordare l'iconografia sociale di quei giorni: da un lato rastoni e puttanelle da centro sociale accannati e superficialoni, preferenzialmente ispanofoni o brasiliani, informatissimi sulle tesi complottistiche di grido; dall'altra ricchi e opulenti sfruttatori, incapaci di altro che non fosse accumulare ricchezze a scapito altrui (e come altro si potrebbe fare?).

Lasciatemi ricordare la declinazione italiana di tale iconografia: carli giuliani, villaggi globali, forti prenestini, social forums; berlusconi, gasparri e larussi, elio viti, placanichi, oriane fallaci; io di quegli anni mi ricordo le scarpe a punta stile cow boy coi pantaloni strappati da nuovi, strascinati ancora dalla fine degli anni 90 sull'onda dei successi della porca Madonna, le chitarre stoppate artificialmente nelle canzoni pop,  il vinaccio schifoso dei centri sociali, meridionali spocchiosi, riccetti da liceo classico romano -- politicamente impegnati -- che parlano "ff-f-f-f" ed hanno fidanzatine sorchissime.

Ecco, se già questo vi ha fatto venire un giramento di stomaco, metteteci il carico di tutto il culturame del cazzo italiano: Benigni che fa le battute sul cazzo di Berlusconi, Paolo rossi che fa le battute sul culo di berlusconi, Michele Placido. Luciano Castellitto. (Sì, è luciano.) Queste cose non appaiono esplicitamente nel film ma credo che un occhio attento ed una analisi frame by frame potrebbero mostrarne la presenza in forma di messaggio subliminale.
Avvolgete tutto con una bandiera arcobaleno con su scritto "Pace" e fate un girotondo.

Se ancora non fosse abbastanza, sappiate che tutto è visto dalla prospettiva di una bambina che frequenta le scuole medie, e guarnito coi dettagli della vita familiare.

Se siete delle persone sensibili dovrebbe risultarvi chiaro sia prima che dopo la visione del film quanto il concetto di famiglia abbia solo arrecato danni al genere umano. Pensate quanto più densa di significato sarebbe stata la storia umana se fosse durata solo una generazione.

In conclusione: questo è un vero film d'orrore, girato e recitato pure bene (almeno dagli attori adulti, ma non si può avere tutto), ma Doom è più divertente e rassicurante. Peccato per il lieto fine: avrei voluto piuttosto che un finale tragico, che sarebbe stato scontato, un qualcosa in linea con i primi 40 minuti, qualcosa di grottesco. Ma in fondo l'importante dei film impegnati è puntare il ditino, alla fine uno se lo fa per un'ora e mezza si stancaaa!!!

P.S.: la bambina protagonista credo abbia le spalle più larghe delle mie

martedì 4 novembre 2014

The Postman (1997)

Kevin Costner vinse un sacco con balla coi lupi, gli andò di merda con waterworld e quindi pensò che per tornare a vincere doveva fare un film di 3 ore.

È un peccato perché la prima ora e mezzo è veramente fica, poi dopo entra in un loop autocelebrativo che credo sia il marchio di fabbrica di Costner. Gli zingari fanno capolino quando si vede una bambina che canta una canzone patriottica americana.

Il film è una riproposizione delle guerre civili americane in salsa postatomica, con le giubbe blu che sono i buoni e la gente per bene, la mentalità grassroots. Insomma una specie di grillini. Le giubbe rosse i cattivi.

La prima ora e mezzo è bella perché prende a piene mani dalla iconografia postatomica della quale ammetto di essere un fan.

Il personaggio è un tizio solitario, opportunista, un po' scemo, che si inventa postino per mangiare. L'idea è fica, poteva essere sviluppata ma poi costner doveva far mangiare gli amici suoi tipo tom petty che appare anche nel film, più altri musicisti, e insomma a metà film tutto diventa un collage al limite del contraddittorio.

La protagonista femminile passa da un carattere assertivo tipo paesana bizzoca giovane a una specie di rambo in gonnella alla metà del film, per poi vestire i panni della rompicoglioni di ordinanza quando si comincia a sparare sul serio...

Anche l'evoluzione della storia sembra avere accelerazioni poco convincenti per il lasso di tempo che sembra invece passare. I personaggi iniziano a diventare retorici, si affollano scene con sottofondo roboante di archi  e fiati che cercano le pelli d'oca, gli scatti all'attenti con il sottofondo basso di rullante che fa: "Srsn-zn" mentre uno dice che crede negli Stati Uniti D'America, ma risulta chiaro che sono solo riempitivi a solleticare le perversioni nazionaliste che fanno sempre capolino nei film di costner, il cui messaggio archetipale risulta essere sempre quello che oggi giorno è tutto una merda, invece i valori del passato etc etc. Insomma quando c'era lui caro lei.

Il film è suo, le idee anche, e non mi danno fastidio anche se non le condivido. Quello che mi  fa incazzare è: perché me lo devi dire con una serie di spot elettorali invece che con un film fatto bene (vedi l'incomprensibile scena del bambino che vuole dargli la letterina)?
Ai titoli di coda m'aspettavo l'inno di alleanza di centro per l'italia

Una occasione sprecata. Il film poteva durare pure 3 ore come in effetti ne dura, ma doveva sviluppare meglio la storia e i personaggi! Gli sceneggiatori bisogna sceglierseli bene.

sabato 1 novembre 2014

The Zero Theorem (2013)

Terry Gilliam è un bravo regista ma aver fatto parte dei monty python gli ha procurato metà della sua popolarità, perché i suoi film di solito sono un concentrato di banalità e di falsi profondismi impacchettati in maniera molto accattivante.
I temi interessanti che vengono toccati vengono solo superficialmente analizzati. Ma con The Zero Theorem ha superato sé stesso. Il film è uguale a brazil, che pure era un coso di 3 ore che avrebbe dovuto durare mezz'ora. Stessa cosa vale per questo, che da 1h50m andrebbe ridimensionato a 19 minuti inclusi i titoli iniziali e di coda.

Il film è praticamente la descrizione di alcuni aspetti della vita di uno che lavora per una multinazionale tipo facebook nel futuro, ma attraverso gli occhi di vostra nonna. Tutte le cose che fa appaiono come cose senza senso: il suo compito, che dovrebbe essere interagire con certe "entità" che sono tipo più difficili della matematica (sì, più o meno è espresso in questi termini...) si concretizza nello spugnettare con un videogioco dove ci sono tutti cubi che girano con dei caratteri matematici sopra, e il protagonista deve accatastarli bene.

Il protagonista è un coione che parla di sé al plurale senza alcun motivo chiaro. Ha una crisi esistenziale perché vuole trovare un senso alla vita allora cerca di farsi cacciare dal lavoro, prima non ci riesce, poi va alla festa del capo che gli ha fatto l'intrallazzo col supermegadirettore generale, che appare dove meno se l'aspetta per farlo sentire una merda. Poi il suo capo gli fa andare di traverso una cosa. sta per morire e una stronzetta lo salva. nelle apparizioni del leader supremo durante la festa si capisce che acconsente a mandarlo a lavorare in una chiesa sconsacrata da solo, dove vive pure. La stronzetta lo visita e non si capisce se se lo vuole scopare o no, poi no, poi lo invita sulla realtà virtuale, finiscono sulla spiaggia, lei gli guarda negli occhi e vede un buco nero, allora poi sì se lo vuole scopare, ma lui non vuole e quindi lei se ne va; poi c'è il figlio del capo, un genietto ribelle che gli svela che il teorema zero, che il protagonista sta cercando di provare con i blocchetti, è la dimostrazione che l'universo non ha senso.
Poi il 15enne si sente male a casa sua e finisce all'ospedale.
Poi il protagonista riparla con il direttore supremo che gli svela che lui vuole fare solo i soldi e se ne sbatte se il mondo non ha senso. Lui si arrabbia e spacca tutto. Poi entra nel buco nero e finisce nella spiaggia ma da solo.

Ecco, questo è quello che capireste sprecando 1h50m guardando il film, io ve l'ho fatto capire in meno di 10 minuti.

Gran parte del film è composto da sequenze che vengono riproposte un sacco di volte, senza alcun contenuto informativo -- nemmeno la prima volta che vengono mostrate! : 1) l'intro del sito della stronzetta 2) i blocchetti che si mettono sempre nello stesso posto. Frequenti sono le scene intimistiche del coione e la stronzetta col pianofortino di sottofondo, ingiustificatamente già dall'inizio del film!

Io avrei potuto comprendere un film così nel 1983, ma nel 2013 mi pare proprio uno spreco di tempo e denaro. Anche come film satirico sulle corporazioni (in questa veste mi è stato spacciato) penso che il bagaglino abbia concepito lavori più profondi